Fra il 1990 e il 2022 la popolazione del Nordafrica è aumentata in maniera considerevole, raggiungendo i 240 milioni di abitanti. Il boom demografico ripropone con forza il tema della sicurezza alimentare nella regione. In questo scenario la meccanica agricola è fondamentale per la valorizzazione del potenziale agricolo nordafricano. La cooperazione con l’industria italiana strategica per favorire i processi di meccanizzazione nell’area.
Negli ultimi trent’anni la popolazione del continente africano è più che raddoppiata, passando dai 628 milioni del 1990 agli oltre 1,4 miliardi del 2023. Proiezioni delle Nazioni Unite indicano che la crescita dovrebbe proseguire a ritmo sostenuto anche nel medio e lungo termine, raggiungendo la soglia dei 2,5 miliardi nel 2050. Il fenomeno ha interessato anche l’area nordafricana che ha visto crescere i propri abitanti da 140 milioni a 260 milioni. Il forte incremento demografico del continente ripropone con forza la questione della sicurezza alimentare per sistemi agricoli caratterizzati spesso da bassa produttività, livelli tecnologici inadeguati, scarsità di terreni agricoli coltivabili. Questi temi, di grande rilievo per gli assetti economici e politici dell’intero bacino mediterraneo, sono stati affrontati in occasione del convegno intitolato “Agricoltura in Nordafrica: caratteristiche, potenzialità e fabbisogni tecnologici”, che si è tenuto nella seconda giornata di Agrilevante. L’incontro ha visto la presenza del Presidente di FederUnacoma Mariateresa Maschio, della funzionaria del Ciheam Mara Semeraro e del direttore editoriale di Internationalia Gianfranco Belgrano, che proprio nella cornice della rassegna barese ha presentato uno studio appositamente realizzato dalla rivista Africa e Affari.
Condizione fondamentale per la crescita delle economie agricole del Nordafrica – è stato spiegato nel corso dell’incontro – è la diffusione di tecnologie e mezzi meccanici di ultima generazione. Le macchine innovative sono in grado non solo di aumentare rese e standard produttivi, di migliorare la competitività delle produzioni locali e di migliorare la fertilità dei suoli, ma anche di mitigare le conseguenze dei cambiamenti climatici che condizionano lo sviluppo di vaste aree del continente. «In tale prospettiva è indispensabile incrementare la conoscenza delle realtà agricole – ha detto in apertura del convegno Mariateresa Maschio – analizzare i limiti e le potenzialità del settore primario nei vari Paesi, programmare una meccanizzazione appropriata alle diverse realtà, infine conoscere i programmi di cooperazione e di sviluppo anche in termini di istruzione e formazione professionale”. “È necessario – ha concluso la Presidente di FederUnacoma – un approccio analitico e multidisciplinare, indicando un metodo di lavoro integrato».
La cooperazione fra l’Italia e i Paesi nordafricani è chiamata a svolgere un ruolo strategico proprio nel campo della meccanizzazione agricola. Del resto – come ha sottolineato il direttore di Internationalia, già oggi l’industria italiana soddisfa una quota significativa del fabbisogno di macchinari nella regione: nel solo 2022 il Made in Italy ha garantito il 10% della domanda di tecnologie in Egitto, il 27,5% in Tunisia e il 26% in Marocco. “La partnership tra i Paesi del nord e del sud del Mediterraneo è uno degli elementi chiave per liberarne il potenziale produttivo – ha detto Gianfranco Belgrano – e sui processi di meccanizzazione l’Italia ha tanto da offrire grazie a un’industria che si caratterizza per gli elevati standard internazionali.
È un percorso che presenta ancora delle complessità, ma è un percorso possibile e necessario per la valorizzazione delle economie agricole del Nordafrica”.
Per sfruttare pienamente il potenziale delle tecnologie agricole e delle pratiche colturali di ultima generazione, caratterizzate da funzionalità sempre più complesse e integrate, è necessario prevedere specifici percorsi formativi, rivolti in particolare ai giovani. “Tra le missioni del CIHEAM di Bari, sin dal 1962, anno della sua istituzione, ampio spazio è dedicato proprio alla formazione. I relativi programmi – ha detto Mara Semeraro – hanno un elevato impatto sociale, in termini di crescita professionale e produzione di conoscenza”. “I programmo di formazione del CIHEAM di Bari sono erogati anche nell’ambito dei progetti di cooperazione, organizzati sulle reali esigenze delle comunità locali, allo scopo di migliorare le condizioni lavorative e di vita delle persone. Esempi di questa vasta attività – ha concluso Semeraro – sono il progetto Samsimifa e il programma Siria, finanziati dalla Cooperazione Italiana e attuati appunto dal CIHEAM di Bari».
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