Anche la storia di Dyane ha un forte legame con l’Italia: lo stile interno firmato da Henri Dargent, già collaboratore di Flaminio Bertoni; una comunicazione ad hoc e innovativa curata da B Communications; l’apprezzamento della stampa e del pubblico, sino all’ultimo esemplare venduto proprio nel Belpaese a sedici anni dal lancio
Torino – Il travolgente successo riscosso dalla Citroën 2CV a partire dal lancio nel 1948 aveva infatti convinto molti costruttori a lanciarsi nel settore delle vetture che oggi chiameremmo “low cost”.
Dal 1961 il mercato iniziò a offrire alternative che riscossero successo, ispirate nella filosofia generale alla piccola di casa Citroën che nel frattempo continuava ad essere un best seller per prezzo ed economia d’esercizio. Qualche cliente se ne lasciò sedurre, e le vendite della 2CV iniziarono a risentirne.
Fu in quel momento che Pierre Bercot, allora direttore generale (e presidente) di Automobiles Citroën, chiese ai suoi progettisti una versione rinnovata della 2CV per far fronte alla nuova concorrenza.
Da AY a Dyane
Il progetto denominato AY prese quindi il via nel 1964: più che di una nuova vettura, si trattava di una evoluzione fatta tramite una scelta tra il materiale disponibile nella gamma dei modelli A (2CV e AMI6) e una carrozzeria completamente nuova. Chassis a piattaforma, scocca imbullonata, portiere, portellone, parafanghi e cofano amovibili. Il centro stile Citroën, da poco passato sotto la direzione di Robert Opron che succedeva a Flaminio Bertoni, scomparso all’inizio del 1964, era impegnato con vari progetti: il restyling della DS con il nuovo frontale, l’ultimo lavoro di Bertoni, e un nuovo modello medio (progetto F) che avrebbe dovuto inserirsi nella gamma Citroën tra l’AMI6 e le versioni base della DS. La direzione della marca scelse quindi di affidare il compito di disegnare la carrozzeria della “nuova 2CV” a Louis Bionier, direttore dello stile della Panhard, società da poco entrata nel gruppo industriale Citroën.
Bionier propose delle linee tese, più squadrate di quelle della 2CV. Le nervature che corrono sulla fiancata e sul cofano sono una necessità: le lamiere sono piuttosto sottili e queste piegature donano ai pezzi di carrozzeria maggior solidità. Il parabrezza è più grande, così come i vetri laterali ed il lunotto posteriore. Le portiere sono dotate di guarnizioni realmente efficaci e (rispetto alla 2CV) la Dyane è una vettura silenziosa e priva di spifferi. La miglior aerodinamica consente alle prime Dyane di filar via sul filo dei cento orari con consumi inferiori a quelli della 2CV.
Come spesso accadeva in Citroën, il nome era un mix tra la sigla di progetto e una cosa che suonasse piacevole, come ad esempio: la DS era la dea dell’automobile, mentre la sua versione più spartana ID, in francese suonava “Idée” come “idea”; oppure l’Ami 6, che nella lingua madre diventava “amicis”, amicizia. Nel caso di Dyane continuarono con la tradizione dei nomi femminili, con una crasi tra la sigla di progetto, AY, e un omaggio ad uno dei modelli iconici di Panhard, la Dyna: AY più DYNA uguale Dyane, et voilà!
L’eredità di Flaminio Bertoni
Per lo stile interno, plancia e pannelli, l’incarico fu affidato a Henri Dargent, già collaboratore di Flaminio Bertoni, che rispettò le quote generali della 2CV proponendo un avveniristico cruscotto in plastica poggiato su una mensola in metallo simile a quella di 2CV e AMI6. Sulle versioni Confort, un volante Quillery a due razze in plastica intonata a quella della plancia (nera all’inizio, blu subito dopo) completa l’armonia interna della nuova Dyane.
La presentazione ufficiale alla stampa venne fissata per il 29 agosto 1967. La nuova Dyane era disponibile con una sola motorizzazione, la stessa della 2CV: un bicilindrico raffreddato ad aria di 425cc, ma grazie ad un carburatore diverso la potenza passava da 18 a 21 cavalli mentre la coppia restava all’incirca la stessa.
Due i livelli di finitura: Luxe e Confort
La Dyane Luxe aveva rivestimenti semplificati che lasciavano visibile l’armatura laterale del sedile, volante in ferro e panchetta anteriore fissa. Per regolarla era necessario staccarla e fissarla di nuovo su una delle cinque possibili posizioni previste dal costruttore. Sulla Confort i rivestimenti comprendevano i lati dei sedili, un tessuto di diversa foggia e la possibilità di avere due sedili anteriori separati e regolabili.
Accolta con favore dalla stampa italiana
L’accoglienza della stampa fu tiepida quasi ovunque. La Dyane frenava meglio della 2CV, ma le prestazioni miglioravano di poco, e molti si chiedevano perché Citroën non avesse dotato la vettura di un motore più performante. In Italia, al contrario, la stampa era unanime ed entusiasta: “Finalmente Citroën offre un’utilitaria gradevole e funzionale!”. La 2CV, del resto, non era, ancora, stata apprezzata granché dal pubblico italiano perché ritenuta troppo spartana. Alcuni giornalisti specializzati l’avevano definita “brutta”, senza usare mezzi termini; la Dyane, al contrario, li convinse da subito e le vendite in Italia decollarono immediatamente.
Le evoluzioni della Dyane
Nel 1968 Citroën prese atto delle richieste del pubblico e dotò la Dyane di due nuovi motori: a gennaio debutta la D6, in Italia “Dyanissima” (denominazione tecnica AYA 3) dotata del propulsore dell’AMI6 (602cc, 28 cavalli SAE), con alternatore ed impianto elettrico a 12 volt (la prima Dyane aveva una dinamo a 6 volt). Il motore più grande spinge la D6 a 110km/h. Dall’aprile del 1968 un nuovo monogramma “DYANE6” (dorato) sostituirà quello “D6” in lettere argentate sul portellone posteriore.
Il 18 marzo 1968 arrivò anche un nuovo motore per la versione più piccola: un 435cc sostituisce il precedente 425. La potenza passa a 26 cavalli SAE. Le Dyane dotate di questo nuovo motore si distinguevano per un monogramma “DYANE” a lettere dorate sul portellone posteriore.
Nel maggio del 1968 appare una Dyane particolarissima: la Dyane6 Méhari, una “spiaggina” in plastica a due o quattro posti costruita sulla meccanica della Dyane e dotata di carrozzeria in plastica. Verrà prodotta sino al 1985, ma già dal mese di settembre del ’68 guadagnerà una sua “identità” chiamandosi semplicemente Méhari, mentre sino alla fine della produzione la sua sigla tecnica (AY CA) tradirà la parentela originale con la Dyane.
Nel 1970 arrivarono due importanti novità: la carrozzeria venne dotata di un terzo vetro laterale e la Dyane6 ricevette un nuovo motore, sempre di 602cc ma più moderno nella sua architettura generale: strutturalmente simile al 435 adottato nel ’68, è un “superquadro”, quindi con corsa minore dell’alesaggio, frutto di una metallurgia più avanzata e nettamente più performante della precedente generazione di bicilindrici Citroën.
La potenza passò a 35 cavalli e la nuova Dyane6 poteva raggiungere i 120km/h. Questa nuova serie di Dyane venne identificata esteriormente da un monogramma in plastica cromata che rimpiazzò l’analogo in metallo dorato.
In Italia, un best seller assoluto grazie anche a una comunicazione innovativa
Nel frattempo, grazie anche ad una geniale campagna pubblicitaria contraddistinta dallo slogan “l’auto in Jeans”, la Dyane in Italia divenne un best seller assoluto: mentre nel resto del mondo la 2CV fu sempre piuttosto richiesta, nel nostro Paese sparì addirittura dal listino il giorno dell’arrivo delle prime Dyane (e non ricomparve prima del 1976!).
La B Communications ebbe la capacità di coniugare l’aspetto di Dyane con uno spirito giovanile, divertente e giocoso. Nacquero, quindi, vari slogan tra i quali appunto “Dyane, l’auto in jeans” o “Un mostro di simpatia”. La campagna pubblicitaria non fu soltanto fotografica in modo classico, ma anche disegnata, e riuscì a far passare il messaggio che Dyane sarebbe stata la vettura ideale per ogni persona dinamica, amante dei viaggi e dell’avventura.
Tutti volevano la Dyane: le vendite crebbero di anno in anno, anche grazie all’arrivo del MEC (il mercato comune europeo) che ridusse significativamente la tassazione e grazie anche a una audace politica di prezzo che vide Citroën Italia vendere la Dyane più o meno al prezzo di costo per conquistare quote di mercato.
1974: l’anno di maggiore successo
L’Auto in Jeans, nel frattempo, continuò a evolvere. Nel settembre ’72 le maniglie esterne delle portiere in zamac cromato vennero sostituite da maniglie in plastica, più semplici, con l’impugnatura girata verso il basso. Nel ’74 arrivò un nuovo volante rivestito con una imbottitura in materiale plastico morbido, e una targhetta d’alluminio ad angoli arrotondati con inciso DYANE6 sostituì il monogramma argentato montato a partire dal ’70. Il 1974 è l’anno in cui si vendettero più Dyane: sono 126.850 gli esemplari venduti in un contesto di crisi globale dove il prezzo del petrolio (e quindi della benzina) è andato alle stelle.
Si vendettero poche auto in quegli anni, ma le più economiche andarono, chiaramente, in controtendenza.
1983: l’ultima Dyane, venduta proprio in Italia
Nel 1975 le Dyane ricevettero dei paraurti in acciaio inox protetti da un profilo centrale di gomma ed una nuova calandra in plastica grigia con barrette cromate.
L’anno successivo è segnato dalla scomparsa del modello con motore 425. La sola Dyane rimasta a listino fu la Dyane6 che ricevette una calandra sempre in plastica ma nera.
La novità più importante riguarda la scatola guida: cambia la demoltiplicazione che passa da 1/14 a 1/17 ed il volante vede il suo diametro passare da 430 a 390mm, a tutto vantaggio dello spazio per le gambe del conducente. Nel 1977 poche novità, quasi tutte sul portellone posteriore: un pulsante rimpiazzò la maniglia d’apertura e la targhetta in alluminio con il nome del modello venne sostituita da un adesivo metallizzato con la stessa grafica. Anche il nome CITROËN, fino ad allora scritto su una barretta cromata che spariva dietro alle grandi targhe italiane quadrate, venne stampato su un adesivo simmetrico a quello del modello. Dal 1977 in poi, le plastiche interne e il volante saranno solo di colore nero. Sul piano della sicurezza, venne aggiunta una spia del livello del liquido del circuito frenante. L’anno-modello 1978 è segnato dall’arrivo dei dischi dei freni in sostituzione dei tamburi anteriori. L’impianto frenante passa dal liquido sintetico tipo DOT a quello minerale LHM, già usato con successo sulle DS (poi su GS, SM, CX…) dal 1967.
La meccanica (ed il muso) della Dyane unite ad un vano di carico simile a quello delle furgonette 2CV daranno vita alla nuova Acadiane, che rimpiazza le AK ed AZU su meccanica 2CV e che verrà prodotta sino al 1987.
Nel 1979 cambiò la pedaliera, e un comando dell’acceleratore a pedale sospeso rimpiazzò quello a tavoletta fissato al pavimento.
Dal 1980 al 1982 ci fu solo un cambio di potenza da 32 a 30 cavalli (DIN) per adattarsi alle norme antinquinamento mentre nel 1983, ultimo anno di produzione della Dyane, gli unici cambiamenti furono i paraurti in lamiera verniciata in color grigio metallizzato in luogo di quelli in acciaio inox e le due targhette DYANE e CITROËN (rispettivamente a sinistra e destra nel portellone posteriore) nere con lettere argentate.
L’ultima Dyane ha il telaio numero 84CB5394, prodotta nel 1983 sarà venduta solo l’anno successivo, proprio in Italia.
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