L’intervista a Massimo Nordio. Per l’AD del gruppo in Italia «l’offerta aumenta, i prezzi scendono e anche i tempi di ricarica, ma la transizione sarà lunga e andrà accompagnata: fondamentale la corretta percezione dei clienti».
L’Italia è pronta per la rivoluzione dell’auto elettrica? Il ceo del Gruppo Volkswagen, Herbert Diess, la scorsa settimana ha lanciato la palla un po’ più avanti sostenendo in un colloquio con Handelsblatt che pensa già alla prossima, quella della digitalizzazione e della guida autonoma. Guarda lungo, Diess, mentre il settore è alle prese con una crisi dei chip mai vista prima che tiene chiusi gli impianti e farà bruciare decine di miliardi all’industria.
Questo accade mentre il nostro Paese è alle prese con un mercato che l’anno scorso a causa della pandemia ha perso il 30% dei volumi (da 1,9 milioni di vetture immatricolate a 1,4 milioni). E il confronto con i primi quattro mesi del 2019 è impietoso e allarmante: 592mila immatricolazioni e -16,9%. Secondo le stime del Centro Studi Promotor a fine 2021 si potrebbe tornare addirittura ai livelli degli anni ’60.
In questo quadro le ultime arrivate, che poi sono il futuro, ovvero le elettriche ricaricabili, hanno fatto progressi: 29mila immatricolazioni nel I trimestre, pari al 6,6% del totale, di cui un 3% a batteria (Bev) e le altre Phev, ovvero ibride plug-in. Quota salita all’8,7% in marzo e scesa al 6,7% in aprile. Erano state circa 60mila in tutto il 2020 e solo 17mila nel 2019 (con quote del 4,3% e dello 0,9%). Sempre in Europa le elettriche ricaricabili di nuova immatricolazione (dati Acea) hanno già un market share del 13,9%, con un 8,2% di plug-in e il 5,7% a batteria.Si potrebbe fare anche meglio, visto che quasi un italiano su 5 è propenso ad acquistare una e-car (secondo Findomestic). E soprattutto perché l’obiettivo europeo per la decarbonizzazione prevede 6 milioni di veicoli elettrici circolanti nel 2030 (sul totale di circa 39 milioni), mentre a fine anno potremmo avviarci verso quota 200mila.Cosa può dare la spinta decisiva al decollo dell’elettrificazione su quattro ruote nel nostro Paese? «L’offerta sta aumentando in maniera significativa – spiega Massimo Nordio, amministratore delegato di Volkswagen Group Italia -. Stanno arrivando tanti modelli che, in più, presentano caratteristiche di interesse maggiore per tre fattori che un tempo erano un po’ limitanti: il prezzo, l’autonomia, il tempo di ricarica. Per fare un esempio, la nostra Volkswagen ID.3 confrontata con la Golf turbodiesel oltre a dimensioni e prestazioni analoghe, con 150 cavalli di potenza, costa di listino 34.800 euro contro 34.250. Va poi tenuta presente l’opzione del noleggio a lungo termine. In questo caso è ancora più irrilevante il prezzo perché quello che conta è il valore residuo. Ci aspettiamo che i veicoli elettrici abbiano un mantenimento del valore residuo migliore rispetto a quello delle auto tradizionali».
Ma allora che cosa frena gli acquisti?
I dubbi e la non corretta percezione di come stanno veramente le cose. La velocità con cui le cose cambiano, infatti fa sì che in sei mesi le informazioni e le caratteristiche dell’offerta siano completamente diverse. Avere informazioni aggiornate è quindi fondamentale. Il tema della comunicazione e la percezione da parte del cliente sono importantissimi. Se poi ci mettiamo una serie di fake news che ancora circolano, si spiegano diffidenza e titubanza.
Quali fake news?
Per esempio che non ci sarebbe sufficiente energia elettrica a disposizione se tutti avessero l’auto elettrica. In realtà secondo uno studio del Politecnico di Milano 1 milione di veicoli elettrici in più richiede un aumento di produzione di energia dello 0,5%. Poi c’è la questione dei timori sulle materie prime, per esempio la scarsità del litio. Secondo le nostre valutazioni le riserve acclarate sarebbero sufficienti per fare non milioni ma miliardi di auto elettriche.
In Volkswagen Group Italia abbiamo fatto un sito dedicato (MoDo) per dare risposte proprio su questi temi.
Però tra le perplessità sull’auto elettrica resiste quella sull’autonomia e sulla ricarica.
La verità è che le batterie stanno diventando sempre più compatte, piccole e capaci, e sempre meno costose. Quanto ai tempi di ricarica, con la HPC (High Power Charging) si stanno riducendo tantissimo. Molti vorrebbero comprare un’auto elettrica, ma non lo fanno, per una motivazione per nulla banale. Non hanno la possibilità di installare una wall-box o una colonnina condominiale per ricaricare l’auto a casa. Io mi trovo nella stessa situazione.
Per il rifornimento, in questi casi, l’unica opzione è la rete pubblica, ma i tempi sono piuttosto lunghi. E qui torna il discorso della ricarica ultraveloce, l’HPC, sulla quale bisogna accelerare. Quanto dovremo aspettare?
Penso che i tre elementi che hanno rallentato in Italia la diffusione di massa dell’auto elettrica – prezzo, autonomia, tempo di ricarica – si stiano rapidamente risolvendo, anche se molti non lo sanno. Poi c’è l’elemento industriale: il processo deve essere graduale, anche perché occorre mettere l’industria in grado di fornire grandi volumi. Noi abbiamo 125 stabilimenti nel mondo, di questi già 18 producono veicoli elettrici.
La transizione sarà graduale; ecco perché bisognerà saper gestire bene la convivenza della mobilità elettrica con quella tradizionale. L’immagine che mi viene in mente è quella del disc-jockey che sapientemente sfuma un brano per passare a quello successivo.
È per questo che Volkswagen non si è data un tempo prestabilito per decretare la fine del motore tradizionale?
Vede, il termine per noi è di essere a impatto zero entro il 2050, in linea con gli accordi di Parigi. I motori tradizionali usciranno gradualmente di scena, a seconda del contesto di ogni mercato.
Tutti questi sforzi e gli investimenti, comunque, impattano con le politiche pubbliche. Il nuovo ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani, in recenti dichiarazioni non è stato tanto tenero con l’auto elettrica, sostenendo che non è poi così verde e che avrà senso renderla di uso comune quando il 72% dell’elettricità sarà prodotta con zero emissioni.
E però nel Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza, ndr) appena approvato c’è un investimento piuttosto significativo proprio per la realizzazione della infrastruttura di ricarica ad alta potenza (21mila circa su 31.500 punti pubblici necessari più 100 stazioni sperimentali, ndr), che, come dicevo prima, è un elemento chiave e fondamentale
Lei mantiene una buona dose di ottimismo, insomma.
Penso che l’idea sia di guardare con realismo a come stanno le cose. Il punto d’arrivo è chiaro: ci vorrà tempo. E questo tempo andrà impiegato guidando l’entrata in scena della mobilità elettrica e la graduale uscita di scena dei motori termici.
Un argomento caldissimo è quello delle flotte ancora molto penalizzate sotto il profilo fiscale. Anche se quelle elettriche crescono in Italia più che nel resto d’Europa, come riporta il Barometro dell’Arval Mobility Observatory.
Siamo consapevoli che l’auto aziendale sia un segmento del mercato fondamentale per l’affermazione dell’auto elettrica su grandi numeri. Purtroppo attualmente le facilitazioni che ci sono per l’utilizzatore finale non ci sono per le flotte e per le aziende ed invece sarebbe molto importante un intervento in tal senso.
Sul versante fiscale poter dedurre totalmente il costo del leasing o del noleggio di un veicolo elettrico non è ancora previsto e non c’è un trattamento specifico per favorirlo. Secondo noi, invece, è necessario. Gli stimoli per invogliare i privati a passare alle auto elettriche sono giusti ma forse sarebbe ancora più importante che ci fossero anche per le flotte aziendali.
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